DAL «PATTO DI ROMA» ALLA NASCITA DELLA CISL: LA FINE DELL’UNITÀ SINDACALE NEL DOPOGUERRA

Agosto 13, 2019
Featured image for “DAL «PATTO DI ROMA» ALLA NASCITA DELLA CISL: LA FINE DELL’UNITÀ SINDACALE NEL DOPOGUERRA”
Condividi:

L’estate del 1943 rappresenta un primo passo verso la ricostruzione del sindacato in Italia dopo la caduta del fascismo. Viene ricostruita la classe dirigente che si era formata su un’ampia esperienza sindacale e politica e che accompagna la rinascita del sindacato attraverso la convergenza delle strutture verticali delle federazioni di categoria e quelle orizzontali delle camere del lavoro, esaltando il riconoscimento dell’assetto confederale. È il liberale Leopoldo Piccardi, ministro delle corporazioni del governo Badoglio, a favorire in senso antifascista la nomina ai vertice delle organizzazioni sindacalidi esponenti di partiti democratici, affidando al socialista Buozzi le guida dei metalmeccanici, al democristiano Grandi quella degli agricoltori e al comunista Di Vittorio quella dei braccianti. Si delinea quindi un modello sindacale sotto la tutela dei partiti antifascisti che, nel periodo di opposizione al regime, hanno sviluppato affinità ideologiche fondamentali per il ritorno alla democrazia. Nonostante I molti punti in comune, il rapporto tra le correnti politiche al’nterno del sindacato presenta qualche attrito, soprattutto per la differente visione dela lotta di classe che hanno i comunisti e i socialisti rispetto ai cattolici, i quali temono un eccessivo spostamento a sinistra con la conseguente supremazia dei partiti a base operaista. La Democrazia cristiana caldeggia invece l’ipotesi di un modello apolitico, impegnato più sugli aspetti contrattuali e su un forte decentramento organizzativo. Nei primi giorni di giugno 1944, il «Patto di Roma» sancisce la nascita ufficiale della CGIL unitaria. Di Vittorio per il PCI, Canevari per i socialisti e Grandi per la DC tracciano le linee generali dell’organizzazione interna, realizzando l’unità attraverso la costituzione di una sola confederazione e di una sola federazione nazionale per ogni settore produttivo. Il peso che la politica assume all’interno della confederazione determina differenti visioni sula natura e sul ruolo che questa deve assumere, ma anche il tentativo dei partiti di consolidare la propria presenza fra i lavoratori. Si assiste quindi ad una sorta di osmosi tra politica e sindacato nella quale, se quest’ultimo riesce ad intercettare le istanze dei lavoratori e a veicolarle verso i partiti, estradandoli in tal modo alla partecipazione democratica, dal punto di vista politico, comunisti, socialisti e cattolici utilizzano il sindacato come strumento per guadagnare il consenso delle masse popolari. La preoccupazione dei cattolici per una possibile deriva marxista della confederazione, si manifesta già all’atto dela sottoscizione del Patto , con una dichirazione allegata all’accordo dalla corrente della DC per tranquillizzare il mondo cattolico. Nel documento si anticipa al formazione di associazioni cattoliche di lavoratori che verrà sancita in un convegno tenutosi a Roma tra il 26 e il 28 agosto 1946 da Achille Grandi, Giulio Pastrore e Domenico Colasanto, a capo sei sindacalisti cattolici meridionali. Le neonate associazioni nascono come punto di riferimento e di sostegno della corrente cattolica all’interno della CGIL con una richiesta di maggiore autonomia nei confronti delle correnti di sinistra. Le ACLI riescono a far eleggere addirittura 32 parlamentari all’Assemblea costituente su un totale di 207 deputati DC: in tal modo si candidavano alla rappresentanza piena dei lavoratori cattolici. Comincia a vacilare il sindacalismo unitario per la diversità di vedute fra i partiti di sinistra e quello cattolicoe per la ricerca di una identità politica da parte della componente democristiana. Si riaccende il dibattito politico e si apre un’incrinatura nel fronte antifascista dovuto anche ad un graduale ritorno alla normalizzazione.lo strappo avviene nel giugno del 1947, in occasione del primo ed unico Congresso nazionale della CGIL, tenutosi a Firenze, nel quale emerge la ormai irreversibile conflittualità fra le tre correnti in seno alla confederazione dovuta, sul piano politico, all’uscita delle sinistre dal governo e, su quello organizzativo, dalle decisioni in materia statutaria, soprattutto per il dibattito sull’articolo 9 concernente lo sciopero “politico”. La posizione assunta dai cattolico-democratici sulla politica economica e sulle strategie da adottare in merito alle misure più urgenti per il Paese, espressa nella cosiddetta «responsabilità nella ricostruzione», che prevede un uso moderato dello sciopero come strumento di lotta sindacale, non lascia dubbi sulla rottura imminente. Il 14 luglio del 1948, lo sciopero indetto a seguito dell’attentato a Togliatti offre alla DC l’occasione per allontanarsi ulteriormente dalla confederazione unitaria, accusando le sinistre di aver fomentato la mobilitazione esclusivamente per scopi politici e in violazione dello statuto. Su questi presupposti nasce, il 17 ottobre del 1948, la Libera CGIL. Nel primo Consiglio generale del 20 novembre, il segretario Giulio Pastore chiarisce subito le ragioni e la natura della nuova organizzazione sindacale, sottolineando l’indipendenza dai partiti politici (chiarimento necessario per un sindacato guidato in maggioranza da iscritti al partito di governo) e riafferma la necessità di una rappresentanza unitaria dei lavoratori per garantire l’indipendenza più importante: quella dal padronato. Ma soprattutto ribadisce la sua natura acofessionale e laica in un senso che non implica neutralità e contrapposizione ideologica nei confronti dei valori cristiani, ma la visione di questi come valore aggiunto ovvero come una ricchezza personale che i militanti credenti possono apportare all’organizzazione. Valori ribaditi in occasione del congresso al teatro Adriano di Roma, tenutosi dal 30 aprile a 1 maggio del 1950, che segna la nascita della CISL. Carattere acofessionale e filo occidentale e il preciso intento di coniugare la necessità del sostegno al sistema produttivo con le rivendicazioni dei lavoratori, sono il biglietto da visita della neonata organizzazione, attraverso la scelta di uno spinto decentramento e una contrattazione a livello aziendale che consente di migliorare le condizioni retrubutive: caratteristiche che rappresentano una ventata di novità nel panorama del sindacaliso riformista che sopravvivono ancora oggi e che saranno indubbiamente I principi guida della CISL del fututo.

 

Leopoldo Daniele