La Necessità di Orientare il Cambiamento Tecnologico

Marzo 14, 2019
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L’informatizzazione dei processi aziendali, la produzione sempre più automatizzata ed interconnessa e l’arrivo dell’Internet delle “cose” nelle fabbriche ha sancito l’inizio della quarta rivoluzione industriale da cui deriva il termine industria 4.0.

Grandi opportunità e profonde trasformazioni, date dall’intreccio di scienza e tecnologia, definiscono lo scenario di riferimento per la quarta rivoluzione industriale, affascinante e foriero di sfide non solo per il mondo industriale ma per la società intera.

Da un lato, ci sono le potenzialità di maggiore efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia, dall’altro la sfida di mantenere, in questo inedito ambito produttivo il ruolo preminente dell’uomo.

L’Italia è l’unico paese membro del G7 nel quale la maggior parte dei lavoratori con qualificazione universitaria o equivalente è impiegata in lavori di routine (con funzioni che possono essere raggiunti seguendo una serie di regole specifiche e ben definite).

Questo è un segno del fatto che, nel nostro paese, la domanda di lavoro ad alta qualificazione è bassa.

Un equilibrio a bassa qualificazione significa che troppe imprese si concentrano su forme di innovazione marginale, che magari consentono risparmi di costo ma che nel medio termine non sono sufficienti per mantenere la competitività sui mercati.

E’ importante che gli investimenti in capitale umano vengano ricompensati in modo adeguato, per incentivare i giovani a proseguire gli studi e ad acquisire competenze utili.

Se un’azione ampia di cross fertilization per aumentare la consapevolezza degli imprenditori è il primo passo da compiere, diventa vitale il modo in cui la tecnologia viene plasmata dentro i processi e le relazioni all’interno dell’impresa, difficilmente standardizzabili.

Nessuna tecnologia è deterministica.

L’Approccio Industria 4.0, in particolare, richiede un mix di competenze più articolato e una forte propensione all’innovazione.

Skills di natura tecnologica si completano con soft skills quali pensiero critico, creatività, intelligenza emotiva, capacità di leadership e di gestione del cambiamento, a vantaggio di un diverso modello di business che sfrutti la tecnologia per raggiungere nuovi obiettivi o creare maggior valore.

Certamente in un contesto produttivo così innovativo e dinamico le capacità di information analysis, apprendimento continuativo e repentino adattamento, così come il saper fronteggiare con destrezza situazioni complesse e impreviste, fanno parte di quel bagaglio di meta-competenze che fanno la differenza.

Abbiamo un oggettivo problema di «Skills mismatch», ovvero la difficoltà di reperire risorse con adeguate competenze tecnologiche, richieste dal mercato e il disallineamento della formazione didattica rispetto alle esigenze delle imprese.

Il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro nel 2017 ha interessato 1 posto di lavoro su 5, non è solo un problema quantitativo ma soprattutto qualitativo ovvero da un lato differenza tra le nuove competenze richieste e quelle offerte dai lavoratori, dall’altro la mancanza di adeguata preparazione dei candidati (48%) ed una loro carenza numerica (42%).

La Scuola deve diventare titolare del primo step formativo, deve operare per far entrare i giovani diplomati e laureati nel mondo del lavoro e soprattutto metterli nella condizione di avere capacità e conoscenze adeguate alle trasformazioni del mondo industriale.

Le mansioni elementari e ripetitive sono a rischio, la sfida è di elevare la qualità del lavoro e inventare nuovi profili che oggi sono richiesti dalle aziende ma che non esistevano 10 anni fa e che le Scuole non hanno nel loro piano inerente l’offerta formativa.

Il tema vero, prioritario, quindi, è quello della formazione delle competenze che deve riguardare tutti:

  • Più che abilità manuali, occorrerà possedere un bagaglio specifico di capacità continuamente aggiornate e funzionali a sostenere l’evoluzione del business.
  • Il collaboratore dovrà essere polivalente e cooperativo e ad esso saranno riservati compiti di più alto profilo e con più elevati livelli di responsabilità.
  • Il linguaggio sarà lo stesso tra chi progetta l’innovazione e chi la applica e l’informazione sarà diffusa e non proprietà di alcuni.

È necessario puntare sulla creatività dei lavoratori e sulle loro competenze, soft e digital, applicando i principi di life long learning.

Le High Skills che deve possedere il dipendente di un’azienda digitale presuppongono un dialogo più costruttivo e costante tra il mondo del lavoro e quello della scuola e dell’università, attraverso un efficiente sistema di alternanza scuola-lavoro e una normativa che agevoli l’inserimento nel mondo del lavoro in modo strutturale.

Da Provincia «Trasformatrice» a sistema con produzioni ad «Alto Valore Aggiunto»

Il Frusinate deve uscire a breve termine da un sistema scolastico e industriale a bassa qualificazione riqualificando il lavoro stimolando le imprese a digitalizzare e a creare occupazione d’alto profilo, puntando nel medio termine a costruire un modello industriale ad alta qualità.

La rivoluzione digitale crea e distrugge occupazione e non è possibile prevedere con certezza quale sarà il saldo netto.

Le dieci professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a 10 anni fa e il 65% dei bambini che ha iniziato le scuole elementari nel 2016 affronterà un lavoro di cui oggi non conosciamo le caratteristiche.

L’occupazione crescerà nelle Aziende che hanno investito sulle competenze digitali e si ridurrà in quelle che non le hanno acquisite in maniera adeguata.

La sfida dei prossimi anni è quella di passare a un nuovo sentiero di crescita che faccia leva sulle tecnologie digitali e su skill elevate.

La nostra provincia è intrappolata da anni in un «equilibrio a bassa qualificazione», ci sono migliaia di adulti con skill di base basse: si tratta soprattutto di persone mature, che lavorano nelle piccole imprese e di immigrati e questi adulti, se lavoreranno ancora, dovranno fronteggiare le sfide della crescente digitalizzazione e complessità del lavoro.

Un equilibrio a bassa qualificazione significa che troppe imprese si concentrano su forme di innovazione marginale, che magari consentono risparmi di costo ma che nel medio termine non sono sufficienti per mantenere la competitività sui mercati.

Ma il passaggio dalla manifattura tradizionale a quella 4.0 richiede non solo macchine e software nuovi ma lavoratori di tipo nuovo e soluzioni organizzative innovative.

Abbiamo bisogno di un grande piano di riqualificazione del lavoro, l’introduzione di forme flessibili di formazione, la creazione di un verso sistema di formazione permanente lungo tutta la vita lavorativa e questo può voler dire cambiare i percorsi formativi, orientare le scelte universitarie, favorire l’acquisizione di competenze imprenditoriali da parte dei giovani, avere nuovi soggetti in grado di finanziare nuove iniziative d’impresa ad alta intensità di capitale umano e ad alto rischio.

Dobbiamo ora più che mai definire le Aree di Interesse Strategico che intendiamo sviluppare integrandole, all’interno del nostro territorio, coinvolgendo tutti i soggetti attivi che dovranno concorrere al raggiungimento dell’obiettivo.

Dobbiamo realizzare infrastrutture che attraggano investimenti, ampliare e garantire la copertura della banda larga nei tessuti industriali già presenti nel nostro territorio ed investire in collegamenti viari che non rappresentino un ostacolo per i mezzi ed i trasporti ma facilitino gli spostamenti.

Abbiamo bisogno di Competenze Reali che definiscano gli Asset strategici su cui investire e far investire, realizzando produzioni ad alto valore aggiunto, nelle poche grandi aziende rimaste, veicolando la cessione dei servizi non strategici a consorzi di aziende (medio piccole) del nostro tessuto industriale, in modo da contenere all’interno della realtà provinciale l’intera filiera produttiva.

Dobbiamo investire le risorse derivanti dall’area di crisi complessa non solo per arginare l’emorragia di lavoro, ma per rendere attrattiva la nostra provincia in termini di competenze specifiche da realizzare.

La Politica DEVE ritrovare la capacità di programmare e orientare i cittadini i quali DEVONO trovare la forza di rimettersi integralmente in discussione.

E’ quindi necessario ripensare i rapporti di lavoro, l’organizzazione del lavoro e convincersi che l’esperienza politico/sindacale che ci ha accompagnato in questi ultimi 50 anni è finita.

La sfida che abbiamo di fronte la vinceremo non se saremo più intelligenti o più forti, ma se saremo disponibili al cambiamento e se torneremo a vedere nell’azione collettiva e non nella salvaguardia del diritto (o privilegio) del singolo, il reale traguardo da raggiungere TUTTI INSIEME.

 

     Bernardini Fabio

Segr. Gen.le FIM CISL

Di Frosinone